Ordinanza n.540 del 1987

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ORDINANZA N. 540

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 35 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) e 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), promossi con ordinanze emesse il 28 gennaio 1982 dalla Commissione tributaria di primo grado di Trieste e il 25 marzo 1982 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia, iscritte rispettivamente al n. 527 del registro ordinanze 1982 e al n. 126 del registro ordinanze 1983 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 dell'anno 1982 e n. 191 dell'anno 1983;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1987 il Giudice relatore Francesco Saja;

Ritenuto che l'Ufficio IVA di Trieste notificava a Lunardi Giordano un avviso di accertamento in rettifica per l'anno 1975, fondato su elementi acquisiti dalla Polizia tributaria nel corso di indagini disposte dalla locale Procura della Repubblica per imputazioni in materia valutaria;

che la stessa Procura aveva autorizzato l'uso a fini fiscali della documentazione acquisita in dette indagini;

che, avendo adito il Lunardi la Commissione tributaria di primo grado di Trieste, quest'ultima con ordinanza del 28 gennaio 1982 (reg. ord. n. 527 del 1982) sollevava questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dell'art. 51, n. 5 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che non prevedeva l'utilizzazione ai fini IVA di dati bancari acquisiti dalla Polizia tributaria per procedimenti penali;

che, secondo il Collegio rimettente, la detta omissione di previsione causava una disparità di trattamento ingiustificata tra i soggetti tenuti al pagamento dell'imposta sul valore aggiunto e quelli tenuti al pagamento dell'Irpef e dell'Ilor: infatti per queste ultime imposte l'art. 35, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 rendeva utilizzabili gli elementi acquisiti in sede di indagini effettuate dalla Guardia di finanza presso banche;

che la detta ingiustificata limitazione dei poteri d'accertamento della Polizia tributaria sembrava ledere anche il principio di capacità contributiva;

che analoghe questioni venivano sollevate dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia con ordinanza del 25 maggio 1982 (reg. ord. n. 126 del 1983), la quale impugnava anche il citato art. 35, d.P.R. n. 600 del 1973;

che secondo il collegio rimettente quest'ultima norma confliggeva anzitutto con l'art. 10, n. 12 della legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, e quindi con l'art. 76 Cost., in quanto ai fini Irpef ed Ilor consentiva bensì agli uffici delle imposte dirette, in deroga al segreto bancario, di chiedere notizie ad aziende e istituti di credito, ma subordinava l'esercizio di questo potere all'autorizzazione del presidente della commissione tributaria di primo grado territorialmente competente, con ciò rendendo possibile "un'ingerenza" di un organo giurisdizionale nell'attività dell'amministrazione finanziaria;

che il cit. art. 35 sembrava contrastare anche con gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto consentiva di chiedere dati e notizie alle banche, ma non anche di effettuarvi accessi, ispezioni e verifiche, ciò che impediva di adeguare il carico tributario all'effettiva capacità patrimoniale dei contribuenti;

che, sempre ad avviso della Commissione tributaria di Venezia, anche l'art. 51, n. 5, d.P.R. n. 633 del 1972 violava l'art. 76 Cost. per avere il legislatore delegato rinunziato, in materia di IVA, a derogare al segreto bancario, contrariamente a quanto previsto dal legislatore delegante nel cit. art. 10, n. 12, l. n. 825 del 1971;

che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, intervenuta in entrambi i giudizi, notava la sopravvenienza del d.P.R. n. 463 del 1982 e comunque chiedeva che le questioni fossero dichiarate non fondate;

Considerato che i giudizi, per l'analogia del loro oggetto, debbono essere riuniti;

che dopo l'emanazione delle ordinanze di rimessione é entrato in vigore il d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463, contenente disposizioni integrative e correttive dei citati dd.P.R. n. 633 del 1972 e 600 del 1973;

che, per quanto in particolare attiene ai giudizi qui riuniti, il nuovo d.P.R. (art. 3) ha sostituito l'art. 53, d.P.R. n.600/1973 attribuendo agli uffici delle imposte dirette, tra l'altro, il potere di accesso presso le aziende ed istituti di credito, ed ha altresì (art. 4) modificato l'art. 51, d.P.R. n. 633/1972, consentendo deroghe al segreto bancario in favore degli uffici IVA;

che pertanto é necessario restituire gli atti ai giudici rimettenti onde accertino la persistente rilevanza delle questioni nei giudizi pendenti davanti a loro, alla stregua della normativa sopravvenuta;

che l'esercizio dei poteri di accertamento degli uffici delle imposte dirette nei confronti delle aziende ed istituti di credito é tuttora sottoposto all'autorizzazione del presidente della commissione tributaria di primo grado territorialmente competente, ma ciò, lungi dal contrastare con l'art. 10 n. 12 della legge-delega n. 825 del 1971, dà luogo ad un'ulteriore garanzia di imparzialità dell'accertamento, trattandosi di potere attribuito ad un organo giurisdizionale e rivelandosi così manifestamente infondata la censura sollevata dalla Commissione tributaria di Venezia;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

Ordina la restituzione degli atti alla Commissione tributaria di primo grado di Trieste ed alla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia onde verifichino la persistente rilevanza delle questioni nei giudizi pendenti davanti ad esse, alla stregua del sopravvenuto d.P.R. 15 luglio 1982, n. 463;

Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - nella parte attinente al potere di autorizzazione spettante ai presidenti delle commissioni tributarie di primo grado - sollevata in riferimento all'art. 76 Cost. dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il Redattore: SAJA

Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI